domenica 23 dicembre 2007

PLANET EARTH

Folli divagazioni natalizie.


Le discussioni che si tengono durante concerti poco interessanti, risultano sempre degne d'attenzione.
Qualche estate fa, nel corso dell'esibizione di un artista di cui non ricordo il nome, complici la birra e la follia, si è giunti a divagazioni sui massimi sistemi.

Ammettiamolo, ho un tempo per metabolizzare, lento.
I miei pensieri invecchiano barricati, per poi giungere in bottiglia.
Certe volte però, la Sardegna non è così magnanima e mi regala del sughero malaticcio.
Un vino ammuffito.
Chissà cosa è successo questa volta...

Vedo in televisione Al Gore, i martiri di Greenpeace, grillini, verdi e di tutti i colori.
Tutti impegnati nella preservazione del globo.

Non penso che sia il caso di salvare il pianeta.
Il nostro pianeta è forte.

Premetto il mio ateismo nei confronti di tutte le correnti "gaistiche" alla James Lovelock.

Credo invece che, grazie a fortuite coincidenze, questa folle sfera sia immutabile.

Le forze che la dominano sono incontrastabili, non esiste possibilita' di ribellione nei confronti del sistema solare.
E' un bullo con il quale non puoi discutere.

Mi piace pensare che tutto quello che facciamo da qualche anno, complici i soggetti succitati, sia per salvare noi stessi.
Il genere umano.

Secondo me lo slogan sarebbe anche più efficace, oltre che coerente.

Il pianeta terra continuerà a vivere nonostante qualsiasi nostra violenza, senza curarsi di ogni ago che pianteremo sulla sua cute.
Sopravviverà ad ogni obelisco di fallica memoria, il quale intaccherà la sua crosta.
Scamperà ad ogni strumento di morte che scalfirà il suo volto, portando radiazioni e corpi deformi.
Sfuggirà la sua cementificazione, l'asfalto che non ride, gli stabilimenti chimici sulle lagune.

Il nostro pensiero è piccolo e non riesce a contemplare ere e millenni.

Il pianeta terra è in grado di riportare l'equilibrio su di esso, curandosi attraverso piccoli movimenti e assestamenti.
Noi siamo in grado di farlo?



P.S. Grazie Antonella per lo spunto di quella serata.

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Ascoltando:
Devo, Q: Are We Not Men? A: We Are Devo!, 1978
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sabato 8 dicembre 2007

WHEN POETS DREAMED OF ANGELS

La domanda di questi giorni è: fino a quando ha ancora senso sognare?
Il dubbio mi attanagliava da tempo, ma si è materializzato domenica di fronte alla televisione.

Osservo veramente poco il piccolo schermo, in particolare durante i fine settimana, ma attendendo M. che si stava preparando ad uscire, sinceramente non sapevo cosa fare.
(ti fai sempre attendere così tanto, ma l'aspettativa non delude mai, piccola)

Nel minestrone domenicale, condotto dalla simpatica presentatrice con le labbra come due canotti (anzi, due canottieri), tra l'ex calciatore ex signor V. ex tutto e tetteculitricchetracchebumbottisaette, compare il signor X uscito da non so quale casa di qualche Grande Fratello.
(povero George Orwell, l'avrai consumata quella bara a forza di rigirarti).

Con aria delusa, teneva a precisare che il mondo dello spettacolo non è tutto rose e fiorelli, bensì un apparato digerente, che quando ha finito di masticarti e digerirti, è già tanto se tira l'acqua.

Bene Bbbbbruno, probabilmente ti sei svegliato ora, mi dispiace solo che tu lo abbia fatto a quarant'anni.

Oggi io, a trent'anni, con i miei piccoli sogni, mi sto chiedendo quanto ho ancora per sognare, per rincorrere i miei cassetti.

Mi sono tuffato dappertutto, nella musica da adolescente, nella pittura, nella scultura, nella fotografia, nell'architettura, nella scrittura.
Sempre con foga e olio di gomito.

Non è semplice capire se hai delle possibilità, se hai talento, se le porte che ti si aprono davanti, ti portano in alto, o in realtà sono quelle di cessi puzzolenti.

Quand'è che ha senso smettere di inseguire i sogni e iniziare ad accontentarsi semplicemente di sognare?



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Quando i poeti sognarono angeli,
Che cosa videro?
La storia schierata in un lampo, alle loro spalle.
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Ascoltando:
David Sylvian, Secrets of the beehive, 1987
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mercoledì 21 novembre 2007

EMPTY PAGES

Un giorno mi hai chiesto perché ero così diverso dietro una tastiera del pc...

Non so se avrebbe avuto senso dirti, che esiste una differenza tra ciò che si scrive e ciò che ci si dice a voce.

Amo ripetermi, parlare di luoghi comuni, che comuni non sono mai.
Non ho memoria.
Anche se sto recuperando uno strano rapporto con essa.

Non mi è mai piaciuto il rapporto elettronico-epistolare, neanche con le persone che vedo di rado, spesso è troppo legato alla scrittura vera e propria.
E' stimolante nel momento in cui lo vivi con un'ottica futurista, la velocità dell'attimo, leggi, apprendi, pensi, trasmetti alle dita e premi invio.

Si potrebbe pensare che c'è razionalità nelle cose che si scrivono, poco pathos e molta pathina.

Penso di no.
C'è il lato positivo che si può sbagliare, si può tornare indietro, riformulare i concetti, in un percorso simile a quello dei romanzieri.
Rimaneggiare, rileggere quello che si ha scritto in precedenza, nelle mail passate, per essere sempre nuovi, sempre coerenti, sempre esplosivi al massimo delle nostre possibilità.
O impossibilità.

Però leggendo tra le righe possiamo essere di fronte l'uno con l'altro.

Ritrovarci fisicamente faccia a faccia, è un brusco risveglio.
Tutto è reale.

noia
ripetizioni
sbagli
sbadigli
errori
rucola tra i denti
forfora sulla giacca
ascella pezzata

Forse abbiamo paura della realtà.
Sperando che i rapporti siano sempre perfetti, non ci accorgiamo che sogniamo spiagge di Malibu con tette al silicone e pettorali al marzapane.

Di fronte alla prima imprecisione, al primo scoglio, crolla il palco.

Una vita di celluloide condizionata dai film.

Mi ritengo fortunato di aver acquistato in ritardo il cellulare, di aver visto il telefono con la rotella a casa mia, la tv in bianco e nero, di avere ricevuto decine di cartoline adolescenti, e scritto lettere altrettanto ingenue.

D'istinto.

Sono contento di usare questi mezzi per quello che sono, veicolo di idee.

E di emozioni.

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Ascoltando:
Traffic, John Barleycorn Must Die, 1970
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lunedì 12 novembre 2007

CANTON

Il ritorno di un mio collega da un viaggio in Cina, è stata per me un'occasione di poter riflettere sul nostro modo occidentale di guardare il passato.
Nel suo viaggio turistico, una ragnatela di voli e percorsi, ha patito insufficienza di storia.

La storia vista nei film, letta sui libri.

Lo smacco è culminato al suo giungere nella Città Proibita, quando ha scoperto che il restauro della scalinata, veniva effettuato sostituendo i vecchi gradini consunti, con nuovi e lucenti blocchi di pietra immacolata.

Mi e rimasto sempre dentro il ricordo di un mio docente universitario, nozione che non ho mai verificato.
Narrava che in una città della Cina, ad intervalli di tempo regolari, veniva smantellato un tempio ed edificato uno identico.

Lo scopo di questa operazione consiste nel tramandare alle nuove generazioni, saperi e conoscenze antiche.
Il risultato è, a mio parere, una schiera di maestranze colte e un popolo che affronta il domani con baldanza.

In occidente il continuo fluire di informazioni e costumi, a una velocità folle, è contrapposto a una visione romantica del rudere.

Un continuo sogno di residenze con vecchi mattoni a vista, di antiche travi recuperate, di pavimenti in cotto rovinati, di mobili tarlati.
Il tutto ottenuto attraverso uno sforzo a volte immane, a volte fatto di un maquillage effimero.

La nostra esistenza, è seviziata da un incessante confronto con i geni del passato che, invece di stimolarci, ci soffoca.

Del passato ammiriamo la materia, il dettaglio, la monumentalità, frutto a mio parere più del sudore e della competenza di uomini semplici, piuttosto che di geni di corte.

Sinceramente, penso che una deficienza della nostra cultura, stia nell'incapacità di ripetere i grandi monumenti del passato.
Sottolineo, ripetere.

Senza comprendere che il colpo di genio non esiste.
Esiste solo un marciare incessante di un popolo creativo, pensante e conscio del passato.

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Ascoltando:
Japan, Oil on canvas, 1983
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giovedì 1 novembre 2007

MOONLIGHT IN GLORY

Partire da un luogo rumoroso, dopo essere passato per ben due feste e finire nel nulla, ha un sapore irreale.

Una notte tra amici.
Tutto scorre nell'abitudine consuetudinaria del divertimento, con il freno sempre sotto il piede.

Non è più il tempo infatti, per me, di viaggiare senza inibizioni.

Poi la proposta di E., Regina del Banale, viaggiare per farci avvolgere dalle stelle.

Partiamo per un luogo appartato, che la campagna veneta sa offrire.
Un contorno industriale, macchinari silenziosi e silos illuminati di luce intensa.
Sono rimasto ammaliato dal tetto che mi veniva offerto, un gratuito spettacolo, che spesso, ahimè, non ho l'umiltà di apprezzare.

L'orizzonte era una nebulosa di color arancio.

Un'occhiata veloce, gelida, abbastanza da ridurre il mio corpo, oggi, ad un brodo primordiale di microbi.
Ne è valsa la pena.

La scorsa settimana, tornando a tarda notte e osservando un orizzonte color cremisi, mi è tornata in mente una notte.
Speciale.
Unica.
Anche quella sera, eri presente, mia eccentrica Regina.

Occasione: il blackout nazionale.

Se quella privazione è stato un pretesto, per molti, di poter sporgere causa contro ignoti;
Se c'è stata rabbia contro il governo, per averci raccontato ancora bugie in un caso surreale;
Io, ricordo quella sera con una vivida lucidità.

Un viaggio in macchina mia nella notte più buia di sempre, un approdo nel piazzale di casa tua.
Noi ricoperti di gioielli persi per sempre.

Non ho occasioni di poter fare molti viaggi.
Trovo che, nella nostra società, tra le diverse forme di inquinamento che ci opprimono, quello che resta in cima alla classifica è quello visivo.

Sarà che è il senso in me più sviluppato, sarà il mio lavoro, sarà che i miei ricordi sono quasi tutti delle immagini...sara...à

Resta il fatto che per me, quell'albero caduto su un traliccio oltre confine, ha ridato gloria alla poesia dell'immagine.

Un cielo stellato, più che mai.
Un tentato furto, di un bacio.
Un bagliore lunare, portato in gloria.

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Ascoltando:
Byrne / Eno, My life in the bush of ghosts, 1981
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giovedì 25 ottobre 2007

COUSIN KEVIN

In questa esistenza, continuamente costellata da immagini, le quali invadono la vista e i miei pensieri, mi trovo rigettato nel passato.

Tornano alla mente gli obsoleti banchi con il foro per calamaio e la scanalatura per non far rotolare le penne.

Nelle mie retine si formano immagini di piccoli soprusi scolastici, di pesanti scherzi ai docenti.

I miei pomeriggi li passavo all'oratorio, in mezzo a gente più grande di me.
I ricordi sono a tratti confusi, forse perché la densità dell'aria che c'era nella sala dei biliardi, non mi permetteva di vedere già allora chiaramente.
Il decreto sul divieto di fumare sembrava distante anni luce.

Erano tempi in cui noi giovani dodicenni dovevamo abbassare lo sguardo con certe persone.
Una sola occhiata ci avrebbe causato non pochi problemi.
Il motorino di mio fratello, che cavalcavo con fierezza, veniva regolarmente manomesso, anche se in maniera lieve.

Un gioco perverso che ti faceva sempre stare in allerta.

A scuola non era molto diverso, di galli ce n'erano a bizzeffe.
Fortunatamente sono sempre riuscito a tenermi alla larga da risse e pugni, ma pareva di camminare su di un ghiaccio sottilissimo.

I nostri docenti subirono, non necessariamente in quest'ordine: segregazione in aula con un'intera classe di studenti, allagamento di un piano della scuola e danni al vestiario.
I miei compagni di classe non erano proprio miti.

Le immagini che oggi mi ha proposto il telegiornale mi sembrano una versione edulcorata della mia gioventù, quello che chiamano bullismo è semplicemente la vita.

Quando avremo eliminato i bulli di quartiere, spocchiosi ma in fondo più timorosi dei loro oppressi.
Quando avremo cancellato gli insegnanti troppo duri in classe, uomini solidi che a casa non hanno nessuna autorità.
Quando avremo rimosso le angherie dei "nonni" di caserma, maligni in gruppo, ma deboli singolarmente.
Quando avremo depennato nel mondo del lavoro tutti i nostri ingiusti superiori, per noi troppo imbecilli per ricoprire cariche così importanti.

Allora non saremo più niente.

Mi ritengo fortunato ad avere abbassato lo sguardo più di una volta
Essere stato zitto anche quando avevo ragione
Smorzare dentro di me le urla di chi mi inveiva ingiustamente contro.

Questo perché, sono certo che sono le sottili ingiustizie subite durante il nostro tragitto, a prepararci alle enormi ingiustizie che dovremo subire da adulti.

Anche se non condivido spesso ciò che scrive o dice Sgarbi, soprattutto nel campo dell'architettura, penso che l'immagine che ha reso con la frase: "i giovani sono una marea di stronzi, navigano senza sapere dove andare", sia eloquente.

Forse i Cugini Kevin non fanno bene a tutti, ma di certo non possiamo pensare che la bambagia nella quale ci ritroviamo, sia vita.

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Ascoltando:
The Who, Tommy, 1969
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domenica 21 ottobre 2007

C’E’ TEMPO

Trovo incredibilmente inusitato, per una persona come me, appassionato melomane e musicista per passione, essere costantemente fuori tempo.

La mia riflessione, su come questa variabile, la quale influenza i nostri rapporti e le nostre occasioni, l'ho intrapresa anni or sono.

Il dubbio mi si era posto in maniera incalzante.
Cercare, per quale motivo, tra me e la mia ragazza funzionava in maniera così errata.

La scelta innanzitutto, da buon istintivo, e' ricaduta sul lasciar perdere tutto.

Non so se per legittimare a me stesso le scelte, o sedare il mio desiderio di tornare indietro. ma tempo dopo mi si e' aperto un varco.
La soluzione che mi sono consegnato e' che, anche se tutto pareva funzionare perfettamente, non eravamo sincronizzati.

Nessuna armonia nelle scelte, negli obiettivi, nei sogni.
Il tempo mi ha dato ragione.

Mio padre mi diceva spesso che il mondo e' una giostra che gira, sta a te decidere se girare con lui.

Io penso che il mondo, o almeno il mio mondo, frulla ad una velocita' insostenibile.

Tutto e' così frenetico che, sovente, tendo ad accelerare tutto.
Divento un Marinetti degli eventi.

Ieri era il tuo compleanno, D.
Quello che e' successo potrebbe diventare il pretesto di un saggio sul tempo.

Come un pilota di automobilismo, come un Nuvolari contemporaneo, sfreccio sull'accidentato tragitto che nessuno mi ha preparato innanzi.
Ogni errore potrebbe essermi letale.

Nel silenzio generato dall'aria che mi avvolge, capisco che e' la velocita' che ci porta all'errore.

Il fugace incontro di una notte, il turbine di episodi che si susseguono.
Il dilatarsi del tempo, il suo frammentarsi.
Sta e noi spingere l'acceleratore.

Non sono mai riuscito a trovare il pedale del freno.
E' impossibile rallentare le circostanze, quando ormai hai ecceduto col gas.

Ingranando la prima, la strada si fa' lenta, l'aroma dei prati ci riempie il petto, i colori si saturano.
Si riempie il cuore.

Sono sicuro, e' possibile viaggiare senza ansia.

Perche' c'e' tempo.

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Ascoltando:
Ivano Fossati, Lampo Viaggiatore, 2003
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mercoledì 3 ottobre 2007

SOMEONE, SOMEWHERE IN SUMMERTIME

Di quelle lunghe estati passate a Lignano Sabbiadoro mi ricordo poche cose.

Il viaggio percorso stipato tra scatole e scatolette.
Casse di birra e succhi di frutta.
Lenzuola e coperte.

Come se all'arrivo nella tanto anelata meta, non ci fossero stati negozi.

Mi ricordo anche il thermos con il the caldo bevuto dopo le mie lunghe abluzioni nel mare
A volte compariva anche un krapfen, quello con la marmellata di albicocche.

Poi c'erano le lunghe letture in spiaggia, le quali continuavano a lume di candela nella veranda della casa, solo con i miei, mentre mio fratello si apprestava alla "movida".

Io ero troppo timido per fare amicizie, quindi mi rinchiudevo nelle pagine dei classici, o meno.

A distanza di molto tempo, quest'anno mi sono ritrovato con lo stesso spirito.
Pieno di suggestioni e profumi, sentivo la resina dei pini marittimi e l'aroma dell'acqua.

Il tempo non cambia le cose, le sedimenta.

Il tempo che noi dedichiamo a pensare, al silenzio, rende le emozioni più energiche.
Ricordare ciò che eravamo.

Passato questo magico momento tutto torna a scorrere, a una velocità insostenibile.

Spero che torni la calda stagione dentro di me.

Che tornino le emozioni.

Qualcuno, da qualche parte, nella mia estate...

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Ascoltando:
Simple Minds, New Gold Dream (81-82-83-84), 1982
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giovedì 27 settembre 2007

THE LOVECATS

Ieri, perso in un telegiornale carico delle solite notizie, tra cui il delitto della ragazza con le mestruazioni, le solite violenze quotidiane e la dietrologia al "vaffa" day di Grillo, mi sono soffermato sulla storia di Fufi.

Fufi è un povero gattino che, dopo un tentativo di trasloco dei suoi padroncini, ha avuto attacchi d'ansia e tachicardia, dovuti al viaggio in traghetto.
Questi seguaci di San Francesco contemporanei, hanno così avuto la splendida idea di chiamare un anestesista e un veterinario per accompagnare il loro gattino, nel suo volo in elicottero.

Costo totale dell'operazione: diecimila euro.

Diecimila euro.

DIECIMILA EURO.


No, non ci sto.

Notizie di pensionati che rubano la pasta perché non riescono ad arrivare a fine mese, hanno fame.
Anziani costretti a rovistare tra i bidoni della spazzatura per mettere qualcosa in bocca.

Senti Fufi, che viaggi in prima classe e dormi su un letto tutto tuo, non ce l'ho con te.
Non ce l'ho neanche con chi è benestante, o per le ingiustizie di questo sistema.
Neanche se penso a chi non ha da mangiare.
Non reggo questo peso.

Sono furioso per questa società ignorante che sperpera...sperpera...sperpera...

E' inutile arrabbiarsi con la nostra classe politica, quando questi sono i nostri esempi.
E' stupido "ingrillirsi" passivamente.

Inutile pensare, dire: "che ci vuoi fare..."

Se l'erudito mecenate di un tempo è scomparso, probabilmente è perché viene nutrito a sbobba tutto il giorno.

Sbobba televisiva.
Sbobba giornalistica.
Sbobba radiofonica.

Una carcere dell'informazione.

E' singolare come sia difficoltoso al giorno d'oggi, informarsi e capire i valori delle cose.
Dovrebbe essere un qualcosa di "dovuto".

Continuiamo così, ad amare i gatti.

se non ci credete

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Ascoltando:
The Cure, Staring at the sea, 1986
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lunedì 10 settembre 2007

WAITING IN VAIN

Quando aspetti molto, inconsciamente i castelli di carte crescono a dismisura.
Le attese si moltiplicano esponenzialmente.
Senza che tu te ne accorga o le nutra.

Certe volte mi sento straniato.
Come quando come quando assaggi qualcosa e pensavi fosse altro.

Da piccolo avevo sete, trovai un bicchiere d'acqua sul tavolo in cucina, un bicchiere d'acqua.
Era acquavite.
Grappa.

La sensazione è spiazzante.
Non ti domandi neanche se quella nuova sostanza è piacevole, dolce, salata, aspra o piccante.
Non riesci a giudicarla.
Semplicemente non era quello che ti aspettavi.

Quel sapore non lo vorrai mai comprendere, ormai la frittata è fatta.
Il bicchiere rimarrà lì, con tutti i suoi misteri e particolarità.
Avrà perso tutto il tuo interesse.

Le persone non esistono.

Quando le tue labbra scivoleranno sul bordo per posarlo, avrai un ritratto di quella sensazione.
Di quella spiacevole sensazione.

Quella sarà la tua fotografia.
Potrai distorcerla, modificarla, stirarla, saturarla, ma quella sarà la tua immagine.

Difficilmente ti distoglierai da essa.
Ma non sarà mai l'immagine.

Le persone semplici hanno un volto, le persone complesse ne hanno mille.
Per conoscerle ci vorrebbe tempo, dedizione, curiosità, amore.

Non riuscirai a vedere più nulla e ti renderai conto.

Di avere atteso invano.

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Ascoltando:
Bob Marley, Legend, 1984
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giovedì 30 agosto 2007

MIND GAMES

Quando penso a quanto amo il mare, non riesco a dare un significato alle mie emozioni.
Mi aiuterebbe a renderle meno aleatorie.

Quando io chiudo gli occhi, scompaiono le persone.

Trovarmi abbracciato con lei l'altra sera, mentre le onde lambivano i nostri respiri, mi ha fatto pensare che forse avevi ragione, D.

Inseguo le mie emozioni e basta.
Rincorro l'amore così tanto, che le storie le vivo solo dentro di me.

Mi stacco dalla realtà.

Se ciò che chiamo amore è il fine e non il mezzo.
Se ciò che chiamo amata è il mezzo e non il fine.

Forse sto giocando solo con la mia mente.

Sono stati mesi questi di rapporti vissuti con trasporto.
Non so perché ragionare su quanto avvenuto sia così difficile.

Forse perché nelle emozioni non c'è un criterio.
E tutto ciò che c'è stato è pura emozione.
Nessun raziocinio.

Ora cercherò di raccogliere i cocci che ho seminato per strada.
Recuperare un po' di dignità negli occhi di chi mi ha odiato.

Forse riuscirò a capire perché il mare riesce ad amplificare tutto ciò che

percepisco.
Sicuramente da quel lunedì, D., tutte le notti che passerò di fronte alle onde.
Non avranno lo stesso sapore.

Hai reso l'orizzonte un palliativo di un ricordo.

L'unica cosa che mi rimane di questa lunga estate, è cenere.
E' sabbia.
Soffiando sulla sabbia che avevo nelle mani, ho scoperto immagini.
Solo quelle immagini.

I miei giochi mentali.

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Ascoltando:
John Lennon, The John Lennon Collection, 1982
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mercoledì 22 agosto 2007

IL SENSO DEL POSSESSO CHE FU PRE-ALESSANDRINO

L'unica "suocera" che ho avuto la fortuna/sfortuna di avere, era una donnetta rotonda dal viso simpatico.
A guardarla sembrava sprizzante di vita e gioia, ma dentro era distrutta da un passato difficile e molte sofferenze.

Sofferenze che solo chi ha amato veramente può capire.

Una frase mi inseguirà per sempre, la disse quando la mia storia con sua figlia non stava andando per il verso giusto.
Era un rapporto difficile il nostro, ma l'amavo, di questo ne sono certo, anche se quando hai vent'anni, ti bolle il sangue per ogni sorta di novità.

"Se una cosa è tua, nessuno te la può portare via".

Solo che il soggetto della frase era S., la "cosa" ero io, mentre questo "nessuno" non ho mai saputo chi fosse.

Il genere umano?
Un'altra donna?
Gli amici?
Le passioni?
La carriera?

Chi rubava cosa?

Al tempo, ovviamente, romantico quale ero, mi sembrava di un poetico da accapponare la pelle.

Due persone che si amavano.
Ognuna aveva il rispettivo bisogno di immortalare il rapporto.
Come se una coltre di ghiaccio avesse potuto mantenerci vicini per sempre, in una morbosa necessità egoistica di possedere.

Le persone che ho amato mi sono sempre sfuggite tra le mani, a volte perché mi sono reso soffocante, a volte perché con il passare del tempo, le guardavo e mi accorgevo che i nostri tempi e traiettorie non coincidevano.

Oggi questo senso del possesso mi mette paura.
Credo in una totale libertà.

La fiducia mi aiuta molto, non ho più fegato da macinarmi dalla gelosia.

Tra le mie mani non avresti realizzato i tuoi sogni.
Io tra le tue braccia sarei morto soffocato.

Non ho più sentito il senso del possesso, una mera consolazione per chi come me ha

sempre assaporato forti sapori.

Intensi.


Ma brevi.

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Ascoltando:
Battiato, La voce del padrone, 1981
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martedì 14 agosto 2007

CAREFUL WITH THAT AXE, EUGENE

E' già la terza volta che scorre sul piatto.
Odio chi ascolta più di una volta la stessa canzone.

Reiterare emozioni è pressoché impossibile.

Stasera ho voglia di urlare.
Ma non ce la faccio, allora lascio che lo facciano per me.

Il giorno dell'impressione dicono.

Sentire è doloroso.

Mi sono chiuso in un mondo fatto di certezze, per poter lasciarmi alle spalle un passato di emozioni.

CHANGE

Era immaginabile...una rinascita prevede un certo dolore.

Allora basta, sopisco i miei nervi tesi con della dozzinale birra e delle sigarette da proletariato.

Ma la musica no.
Voglio il nettare.

Sta partendo "Set the control for the heart of the sun"...

Decadenza o no, il mio modo di sentire il mondo è questo.

SONMENEFREGAUNACIPPADINASCONDEREBARRAADDORMENTAREBARRANONFARVEDEREDUEPUNTI

cosa penso,
cosa sento,
cosa immagino.

Forse la loro é paura, ma ora non mi importa cosa provano gli altri.

Ciò che mi importa è provare emozioni.

A scapito, talvolta, di soffrire.

Rivedo ciò che avevo cercato a lungo, come terra bruciata.
L'aspro odore penetra nelle narici.

Non indosserò più lo stesso vestito di prima.
Non mi maschererò più da persona.

Sono un flusso di sensazioni.

Ma le inibizioni sono ormai consuetudine.

Con le vostre consuetudini, continuate pure a vivere.Io continuerò a non dare un nome alle cose.

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Ascoltando:
Pink Floyd, Ummagumma, 1969
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martedì 7 agosto 2007

LA FOLLIA 2

Ieri ho girato per casa, barcollato mi correggo.
Mentre mi rendevo insensibile con birra e sigarette, la casa sprigionava il tuo profumo.

Non riuscivo a dormire, così sono uscito fuori, una boccata di aria e volti sconosciuti mi hanno schiaffeggiato come se mi fossi appena svegliato.

Come se fossi appena nato.

Spesa del minimo necessario alla sopravvivenza, giro in banca, tabacchi e poi di nuovo a casa.

Ho mangiato.
Ma non avevo fame.

Ho dormito.
Di quello si che ne avevo bisogno.

Avrei voluto gettare le lenzuola dalla finestra.

Ma mi sono gettato sul letto e un turbinio di immagini mi ha inondato il sonno.

Mi sono svegliato bene, decisamente.

Ti penso in ogni momento.
Forse questo vuol dire sentirsi vivi.

LA FOLLIA 1

Forse sto impazzendo.
O forse no.

Non so se la sensazione sia positiva o negativa.
Sono confortevolmente rincoglionito.

Il relax delle ferie mi sta distruggendo a poco a poco.

Correre...correre...correre...sempre con l'ansia, poi partire per lidi esotici.

Ho scelto casa mia per viaggiare.
Sto qui.
Oggi non ho mangiato, ma i sapori li sento.
Come se fossi appena nato.

Forse è stata la notte con una donna speciale.
Forse perché ho pianto.

Forse perché non provavo più nulla da anni.

Dieci per precisione.

Aspetti l'amore per anni.
Non l'infatuazione di una sera di sesso.

Quando arriva non è come te lo aspettavi.
Non serve essere preparati.

Basta un piccolo foro nella tua corazza, per poter permettere all'amore di entrare dentro di te.
Silenziosamente striscia, erodendoti dall'interno, arriva al tuo guscio e ti rende assolutamente nudo.

Oggi sono nudo.
Forse completamente felice.

giovedì 26 luglio 2007

MALINCONIA 1

Spesso, parlando con amici e conoscenti, sottolineavano la mia malinconia dicendo che é semplice dire che i ricordi sono belli.

Sono belli perché la nostra mente filtra solo le cose piacevoli.

Bullshit.

I nostri ricordi sono belli perché hanno la patina.

Hanno la stessa patina della Cappella Sistina prima del restauro.
Hanno la stessa patina del Pantheon.
Hanno la stessa patina di "Vedrai, vedrai" di Tenco.

Noi italiani la patina ce l'abbiamo nel dna.

E' sconcertante l'amore che proviamo per l'antiquariato, il modernariato, l'anno appena passato, la scorsa settimana.

Senza futuro, non riusciamo neanche a goderci il presente.

Filmiamo e fotografiamo tutto per potercelo poi guardare.
Dimenticando che mentre stiamo immortalando un momento, in realtà lo stiamo perdendo, perché non lo apprezziamo.

Ameremo di più rivedere le immagini sul pc.
Non ricordando che in quell'istante eravamo con un telefonino, una videocamera, una macchina fotografica digitale in mano.

Tonnellate di dati che non vedremo mai.

Perché immagazzinare, catalogare, schedare?

Immagino che se la nostalgia lasciasse per un po’ il nostro cuore da italiani, potremmo vivere meglio. Decisamente.

Perché il nostro cammino è tracciato, e non c'è peggior cosa di tentare di segnare un altro solco.

venerdì 15 giugno 2007

SILENZIOSAMENTE, URLO

Trent'anni.

Non so neanche perché oggi mi sono imposto questo silenzio.
Forse è la paura del dolore che rifuggo.
Mi hai ripetuto le stesse cose decine di volte.
Le parole amplificate e ribattute sono diventate centinaia di urla, che esplodono ogni volta che ci incontriamo.

Perché.

Ho cercato di dare un significato alle tue chiamate, alle tue parole, ma forse io

sono paradossalmente come le tre scimmiette.
Cieco sordo e muto.

Cosa cerchi?

Due chiacchiere tra amici, sapendo che reggi impietosamente il gioco?
Cerchi semplicemente una persona che aneli a un tuo bacio per tutta la vita?

Cerchi solo la tua autocelebrazione e questo non lo digerisco.

Scelte...scelte...scelte...
Scelgo di urlare in silenzio, così non potrai sentirmi.

martedì 29 maggio 2007

HO SCELTO DI NON DIRTI NULLA

Vorrei averti detto che la prima volta che ti ho vista avrei voluto baciarti.
Vorrei averti detto che il tuo sorriso è stato ogni volta un barlume di umanità in questo barbaro mondo.
Vorrei averti detto che per me non sei mai stata "qualcuna", ma per qualche istante sei stata tutto.
Vorrei averti detto che fare l'amore con te non era un semplice ripiego ai miei vuoti, ma era perché le parole non mi bastavano per dirti quanto ti voglio bene.
Vorrei averti detto tutto di me, ma le parole pensavo uscissero dai miei gesti.

Sinceramente non so se sia meglio dire le cose, o sperare che le persone capiscano tutto dalle sottigliezze dei nostri comportamenti.

Anni fa ho deciso di tacere, una persona me lo ha insegnato.
Mi sono trasformato da loquace sognatore, affamato di parole, in un malinconico taciturno.

Con S. ci dicevamo tutto, un amore morboso.
Condividere ogni cosa.
Piangere e ridere.

Poi è arrivato il gelo, una Pasqua da dimenticare.
E' drammatico pensare che la festa della resurrezione, per me diventi ogni anno occasione per pensare alla mancanza di un amico.

Mancanza é eufemismo.

Poi G., con i suoi silenzi glaciali ha frenato il mio impeto emotivo.
Tre anni non vissuti, un'impotenza che mi da rabbia.

Ho scelto di non dirti nulla, perché pensavo che ogni mio cambio d'umore e decisione sarebbe stato uno schiaffo più forte del mio vigliacco silenzio.
Forse dirlo a tutti e al di fuori che a te, dato che probabilmente non leggerai mai queste righe, mi fa sentire meglio.

Battendo i tasti espio le mie colpe.
La rete é il mio cilicio, consente di abbattersi come un'onda.

Come ho sempre fatto, mi infrango noncurante della distruzione.

Volevo dirti che t'ho amata, ma mi conosco e sapevo che avrebbe fatto più male che bene.
A noi.

domenica 13 maggio 2007

Elogio del fatalismo 2

Disteso completamente rintronato dal sole di questa splendida domenica, mi ritrovo a leggere "La misteriosa fiamma della Regina Loana" di Eco.

Narra di una persona che dopo un incidente perde completamente la memoria degli ultimi trent'anni.

In particolare ha perso la memoria di tutto ciò che era legato alle emozioni, sia di cose accadute a lui, sia a eventi che lo avevano particolarmente coinvolto per attitudine.

E' così incredibile immaginare come una persona a sessant'anni, con figli e nipoti, possa ri-iniziare a vivere, ad assaporare il mondo con i cinque sensi...

Piacerebbe anche a me riuscire a rallentare tutto e prendermi il tempo per gustare e godere...ogni tanto ci riesco...ma poi tutto torna come una lattina di birra in spiaggia...

Bevuta troppo in fretta per poterla gustare.
Giusto in tempo perché non si scaldasse.

giovedì 10 maggio 2007

Elogio del fatalismo 1

Le persone non esistono, almeno non esistono fisicamente.
Penso sempre di più che la stessa persona sia visualizzata e sentita in modo diverso da persone diverse.
Molte volte mi sono chiesto perché non avesse funzionato una relazione, perché invece alcune persone continuano a risultare stimolanti e interessanti per noi.
Il risultato che ne ho tratto é che quando vediamo qualcuno per la prima volta, magari riusciamo a conoscerlo...ecco...quella è l'immagine che ci porteremo per sempre nella nostra mente.
Quello che esiste invece, è lo spazio tra noi e quella figura, quel tessuto intricato di collegamenti e associazioni è quasi tangibile.
Non esistono uomini, non esistono donne, non esistono oggetti.
Esiste solo il vuoto che separa noi da essi.
Quanto spazio separa me dall'amore?

mercoledì 9 maggio 2007

Ricordi...

Ricordi di temporali estivi, a lume di candela mi leggevo libri gustandomi l'aria fresca estiva che profumava di resina.
Mio fratello, più grande di me, si scatenava in lunghe serate nelle discoteche della località.
A me restavano pagine che raccontavano di folli luoghi e strane persone.
Ringrazio ancora per aver potuto vivere quei momenti.

Forse sono proprio quei momenti che ti cambiano la vita.
Si può percorrere la via zigzagando a piacimento, ma il percorso è segnato e ricordare chi eri, serve a capire chi sei.

venerdì 27 aprile 2007

Voglia...

Voglia di scrivere un libro...voglia di dipingere...voglia di innamorarmi...voglia di tornare a casa e avere le forze di poter estrarre qualcosa da me stesso...
...niente...le giornate ti rubano le idee, ti induriscono il cuore...ti riportano a casa come un calzino dopo l'ora di ginnastica...
Restano solo poche parole che scorrono senza filtro su di questa tastiera.
Sorrido a tutto, ma penso sempre che potrei fare di più...se solo avessi del tempo.
Amo il mio lavoro, certo. Dedico anima e corpo all'architettura...solo vorrei...
Piango quando ascolto alcune canzoni...Goethe ha detto che l'architettura è musica congelata...mi piacerebbe sapere cos'è allora il mio cuore congelato.
Forse è un intero concerto, che riesco a dedicare soltanto a un ricordo.
S.

venerdì 20 aprile 2007

BRIVIDO CALDO

Come un adolescente,
mi sciolgo a un bacio tanto atteso.
Come fosse la prima volta,
tremo come se mi perdessi completamente nelle tue labbra.
E' così fantastico poter gettare le maschere
alle ortiche, per brevi istanti,
mostrandosi per come si è veramente.
Perché alcune cose durano così poco?
Forse la determinazione può cambiare le carte in tavola.
Iniziano le danze, per un nuovo mondo.
Non posso rinunciare, ad un brivido caldo.