mercoledì 22 agosto 2007

IL SENSO DEL POSSESSO CHE FU PRE-ALESSANDRINO

L'unica "suocera" che ho avuto la fortuna/sfortuna di avere, era una donnetta rotonda dal viso simpatico.
A guardarla sembrava sprizzante di vita e gioia, ma dentro era distrutta da un passato difficile e molte sofferenze.

Sofferenze che solo chi ha amato veramente può capire.

Una frase mi inseguirà per sempre, la disse quando la mia storia con sua figlia non stava andando per il verso giusto.
Era un rapporto difficile il nostro, ma l'amavo, di questo ne sono certo, anche se quando hai vent'anni, ti bolle il sangue per ogni sorta di novità.

"Se una cosa è tua, nessuno te la può portare via".

Solo che il soggetto della frase era S., la "cosa" ero io, mentre questo "nessuno" non ho mai saputo chi fosse.

Il genere umano?
Un'altra donna?
Gli amici?
Le passioni?
La carriera?

Chi rubava cosa?

Al tempo, ovviamente, romantico quale ero, mi sembrava di un poetico da accapponare la pelle.

Due persone che si amavano.
Ognuna aveva il rispettivo bisogno di immortalare il rapporto.
Come se una coltre di ghiaccio avesse potuto mantenerci vicini per sempre, in una morbosa necessità egoistica di possedere.

Le persone che ho amato mi sono sempre sfuggite tra le mani, a volte perché mi sono reso soffocante, a volte perché con il passare del tempo, le guardavo e mi accorgevo che i nostri tempi e traiettorie non coincidevano.

Oggi questo senso del possesso mi mette paura.
Credo in una totale libertà.

La fiducia mi aiuta molto, non ho più fegato da macinarmi dalla gelosia.

Tra le mie mani non avresti realizzato i tuoi sogni.
Io tra le tue braccia sarei morto soffocato.

Non ho più sentito il senso del possesso, una mera consolazione per chi come me ha

sempre assaporato forti sapori.

Intensi.


Ma brevi.

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Ascoltando:
Battiato, La voce del padrone, 1981
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