domenica 15 giugno 2008

THE LOVE THIEVES

E' da un po' che non vado a casa di un mio amico, teatro di grandi feste realizzate con poco.
Buon cibo e ottimo vino bastavano a trasformare il suo giardino in un Helzapoppin di sano divertimento.

La cosa che mi colpiva di più, è che la sua abitazione era sempre aperta.

Non intendo aperta agli amici o aperta alle persone in difficoltà, era semplicemente, fisicamente, sempre aperta.

Una tradizione storica, quella di lasciare incustoditi i nostri pochi averi, incolumi al possibile ingresso di ladri.

Con Paolo, mi ricordo, come schegge impazzite saettavamo da un pub ad una discoteca per notti intere, lasciando sempre l'automobile aperta.
Niente antifurti satellitari, sirene, avvisi GSM e quant'altro.

Le città tacevano.

Non c'era molto da rubare nell'auto, e nessuno avrebbe voluto impossessarsi di una proprietà di cui non aveva bisogno.

La nostra visione contemporanea di sicurezza, il cui risultato è la nostra reclusione notturna in prigioni sbarrate, non impedisce furti ed efferati omicidi, come quello accaduto a pochi chilometri da casa mia, un anno fa.

Questo perché semplicemente la nostra società classista fomenta la lotta, l'odio di classe, prima ancora di quello razziale.

Ci spinge a desiderare.
I mezzi d'informazione gettano benzina sul fuoco.

Nelle pagine de "Il tallone di ferro" di Jack London, ho trovato la lungimiranza di una scrittore di inizio del secolo scorso che, nel 1907, ipotizzava la sparizione della borghesia e la nascita di una società oligarchica, dipingendola come unico sbocco del sistema capitalistico.

Se il sistema che abbiamo adottato dal dopoguerra ad oggi in Italia sta portando ai suddetti risultati, possiamo asserire che il nostro caro autore di "Zanna Bianca" può essere messo a fianco di Nostradamus.

Abbiamo decisamente fallito.

Non è colpa dell'immigrazione, delle persone disadattate se siamo costretti a rinchiuderci in dei caveau.

Siamo schiavi di un sistema antidemocratico che premia pochi eletti, a prescindere da chi siede in parlamento.

Condannati.
Spinti a desiderare, istigati al furto.

Anche in amore.

______________________________
Ascoltando:
Depeche Mode, Ultra, 1997
______________________________

mercoledì 4 giugno 2008

JULIA

Questa volta il pretesto del titolo della canzone è effimero, ben più importante è il nome del gruppo.
La mia riflessione parte sui guinzagli e sulla loro lunghezza.
Ogni giorno, la nostra esistenza, è condizionata da decine di cinghie di cuoio che ci strattonano ad ogni movimento.
Alcune, pericolose si dice, sono collegate a collari che stritolano la nostra trachea.
Più cerchiamo di essere indipendenti e più annaspiamo.

Trovo alcuni di questi lacci, necessari.
Leggi inequivocabili che permettono, agli esseri umani, di sopravvivere gomito a gomito.
Giorno dopo giorno.

Altre briglie ce le mettiamo da soli, ogni mattina quando ci alziamo dal letto e immaginiamo che non ci sia via d'uscita.
Fantastichiamo che quello che stiamo facendo nella vita, sia l'unico percorso che ci permette di deambulare in maniera decorosa.
La fase successiva può essere solo quella di cominciare a provare sentimenti nei confronti del nostro padrone.
Colui o colei che, con polso fermo, attraverso gesti decisi manovra il nostro perplesso incedere.

Ho provato collari stretti, lavori alla mercé di padri-padroni, fidanzate possessive che con corregge tarpavano le mie ali, rendendole sottili come carta di riso.

Fortunatamente il dolce torpore del masochismo può essere sostituito dalla brezza di una libertà condizionata.

Pavlov insegnava che, sottomettendo un animale a stimoli condizionati, si poteva ottenere un riflesso condizionato, anche a distanza di anni.

Quando i compromessi nella coppia e nel lavoro, si tramutano in gesti educativi, anche involontari, gli echi si ripercuotono per intervalli lunghissimi.

Come quadrupedi da esperimento, ci potremmo ritrovare a produrre saliva anche solo per un innocuo rumore.

______________________________
Ascoltando:
Pavlov's Dog, Pampered Menial, 1974
______________________________