martedì 26 agosto 2008

BITTER END

Quando non ho tempo agisco.
Quando ho tempo rifletto e agisco.
Quando ho molto tempo, rifletto e non agisco.

Certi viaggi solitari in automobile per la campagna veneta, a volte sono deleteri.
I pensieri si sovrappongono.
Soprattutto se sei in vacanza e hai tutto il tempo che la routine quotidiana ti mangia.

Momo di Michael Ende fuggiva dagli uomini grigi che perlustravano il mondo in cerca di tempo.
Rubavano il tempo.

Per capire la lentezza era costretta a seguire una tartaruga, non quella Huysmans.
Lenta sì, ma non a ritroso.

Mi servirebbe molto tempo per capire se il disegno che sto tracciando, segue le rigorose e magnifiche leggi della pittura ad acquerello.

Nell'acquerello si continua a tracciare segni, prima delicati e diffusi, per poi arrivare a tratti scuri.
L'agire su alcune parti dell'opera e gettarsi su altre permette alle figure di delinearsi, di stagliarsi sulla superficie.

Non c'è alcun modo di poter tornare indietro, l'errore si deve rimediare subito, altrimenti la carta assorbe velocemente.

E' vietato l'uso del bianco per aggiustare, trasfigurerebbe la leggerezza dell'acqua in un pastone buono per un trogolo.

C'è un punto in cui si arriva alla saturazione, ci si rende conto che l'opera è finita come quando si guarda uno spaghetto e si capisce che è cotto.

E non serve aggiungere altro.

L'ultimo gesto, a volte, fa parte di un amaro finale.

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Ascoltando:
Roxy Music, Roxy Music, 1972
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ARIA DI RIVOLUZIONE

E' un periodo strano questo il mio.
Ho sempre amato stare tra la gente e parlare, carpirne le emozioni, le paure, le speranze e le sensazioni che prova.

Forse è stato mio padre che, attraverso le sue parole e i suoi racconti, mi ha trasmesso questa indole indagatrice.
Da buon responsabile del personale e cacciatore di teste, è stato sempre un buon osservatore.

A differenza dei suoi parametri, secondo me per poter studiare le persone, non basta una buona capacità visiva.

Per entrare dentro un intricato groviglio di reti emozionali è necessario soffermarsi su impercettibili movimenti delle mani, di come gli occhi roteano mentre si sostiene una conversazione.
I piedi mentre che si contraggono involontariamente mentre si esprime un'opinione.

Quello che sento in particolare da qualche mese a questa parte, è rabbia.
Odio.

Odio verso le istituzioni, rabbia verso chi ci rappresenta seduto su di una poltrona di pelle umana.

La nostra pelle.

Sinceramente non so è a causa della pubblicazione del libro "La casta", o delle battaglie contro i mulini a vento di Beppe Grillo, ma questa brezza leggera non mi sta per niente rinfrescando.
Come un caldo vento proveniente dal deserto, mi secca.

Studenti, lavoratori e pensionati mi parlano di insurrezione.
Gli stranieri che non hanno né lavoro né integrazione si prendono già con la forza ciò che non gli spetta.

Forse ci sono tanti modi di poterci slegare da questa empasse, io sinceramente non vedo un'alba per questo sistema politico.

Eppure il vento soffia ancora.
E' la nostra immagine di democrazia, più forte della loro.

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Ascoltando:
Franco Battiato, Sulle corde di Aries, 1973
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venerdì 8 agosto 2008

SI E’ SPENTO IL SOLE

Non sono uno sportivo, se devo essere sincero non mi piace neanche guardarlo in televisione.

Quest'anno il tema delle Olimpiadi era sulla bocca di tutti.
Ci sono i problemi del Tibet, dei diritti umani calpestati nonché l'inquinamento insostenibile.
Nessun accenno allo sport.

Nella mia ignoranza riguardo i giochi, frutto anche della solita disinformazione alla quale cerco giornalmente di sottrarmi, ho deciso di assaporare l'arte elegante che sapevo mi avrebbero regalato i nostri cari amici pechinesi.

Un'incredibile escalation di frammenti di teatro, arte circense, musica, ripercorrendo la storia del paese.

Un turbinio di colori e luci.
Fiamme nella notte.

La notte.

Di giorno la cosa è ben diversa.

A Pechino si è spento il sole.
Le immagini dei giorno scorsi mostravano una città colpita da una nebbia perenne che impedisce ai raggi dell'astro di raggiungere direttamente la città.

La questione dell'inquinamento per me è marginale, almeno in questo frangente.

Nei suoi scritti, Le Corbusier nobilitava i semplici silos ad esempi di architettura, quest'ultima era descritta come il sapiente gioco dei volumi assemblati nella luce.

Ecco il mio stupore.

Uno stupore ignorante avulso dai fenomeni di geopolitica e dell'inquinamento planetario.

Mi colpiscono le immagini.

Se diventano offuscate, nebulose, opache, completamente senza contrasto, che cosa può colpire la nostra attenzione, cosa può toccare le nostre corde?

Silenzio.

Un'esistenza cieca e silenziosa, vissuta sotto una coperta di polveri sottili.

Si è spento il sole, chi l'ha spento?

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Ascoltando:
Vinicio Capossela, L'Indispensabile, 2003
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lunedì 4 agosto 2008

GIANT STEPS

Sono stato sempre più affascinato dalla ricerca che dall'informazione, forse perché, da inguaribile sognatore ho preferito sempre gli orizzonti annebbiati alla vivida cronaca.
E' così che mi ronza in testa una sperimentazione che da quarant'anni riesce a divertire i sociologi, categoria di persone che ho sempre invidiato.

La sociologia è una materia così interessante.

Nel 1967 Stanley Milgram, psicologo sociale, mette in atto un esperimento per capire quanto piccolo è il mondo.
Consegna delle buste e delle specie di passaporti a duecento persone, ponendogli come obiettivo di far recapitare la lettera ad una persona in particolare.
Della persona sanno nome, cognome, indirizzo e occupazione.
L'unica difficoltà di questo gioco, è quella che dovranno inviare il materiale a individui che conoscono e che chiamano con il nome di battesimo.
Il passaporto servì per inviare a Milgram i nominativi degli interposti tra il mittente e il destinatario.

Il risultato di questo esperimento fu che con quattro passaggi, quindi sei persone, il messaggio giungeva a destinazione.

Matematici e persone disincantate, calcolatrice alla mano e conti della serva, sostengono che, se ogni persona conosce di media trecento persone, con quattro passaggi e moltiplicando tale valore ogni volta per se stesso, si fa presto ad arrivare alla popolazione mondiale.

Io resto della mia idea, che la teoria dei "sei gradi di separazione" sia allo stesso tempo reale e sognante, avvincente e ostica.
Mi piace che ancora oggi, tramite il mezzo della posta elettronica, si sperimenti ancora per mezzo di persone e non numeri.

La tecnologia fa fare passi da gigante alla ricerca.

Con il naso all'insù, sogno che potrei raggiungere i grandi capi di stato tramite dei miei amici.

Avrei qualcosa da dirgli.

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John Coltrane, Giant Steps, 1959
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