domenica 13 gennaio 2008

SILENT SORROW IN EMPTY BOATS

Ogni tanto ripercorro, con i miei pensieri, a quel lungo tragitto in macchina tra Siena e la mia tanto disprezzata provincia Trevigiana.
Non ho mai tanto amato casa mia come durante quella caldissima estate. Sognavo solo le pareti della mia camera.

Soli io e lei.
Un'utilitaria che lentamente percorreva mezzo stivale.
Scorreva dentro solo una fievole musica di sottofondo.
Silenzio.
Un greve silenzio.

Quel giorno ho immaginato che i rapporti si misurassero in base alla quiete.

Come poter sopportare il continuo ciarlare, il frastuono caotico della città, il confronto continuo, la discussione effimera, agognata.
Solo per riempire il vuoto.

Amo il vuoto.

Chi ha paura del silenzio non può definirsi equilibrato.

Così come nel cuore di un foglio bianco ci sono  forme, colori, sensazioni e idee in divenire, dentro un silenzio ci sono riflessioni, contatti e flussi di immagini.

Se per alcuni è difficile vivere il silenzio da eremita, un silenzio leggero e impalpabile vissuto in due, è un'immensa gioia.

Ho visto schiere di coppie sempre esposte, in vista, in gruppo.
Coppie soffocate che relazionavano con altre coppie, che interagivano in continuazione.

Potersi concedere un amplesso di solitudine, un'orgia di silenzi, è un privilegio per pochi.
Innamorati

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Ascoltando:
Genesis, The lamb lies down on Broadway, 1974
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mercoledì 2 gennaio 2008

THE SEED

La pazienza è una dote che non ho sempre avuto.
Una sorta di smania ha accompagnato tutta la mia adolescenza, rendendomi incapace di approfondire qualsiasi argomento.
Per anni ho avuto difficolta' nel rifinire sculture, quadri, concetti e progetti.

Mi ritrovo oggi, complice la deformazione professionale, a dover essere perseverante.
Il processo progettuale e costruttivo necessità di tranquillita' e una infinita calma.

In questo blog, caratterizzato da titoli di canzoni a me care (con spunti d'ascolto degli album che le contengono), spesso ho trattato il tema della velocità.

La rapidità con cui si deve agire nella nostra civiltà contemporanea e' incredibile.
Un minimo errore o esitazione nel decidere, potrebbe determinare un nostro fallimento sociale o lavorativo.

Ogni tanto penso alla mie eta' tanto vituperata, una massa di bamboccioni laureati senza futuro.
Immagino, per contro, i nostri genitori alla nostra età, con problemi per la casa, problemi con i figli, problemi con il salario.
Generazioni di operai divenuti imprenditori.

Forse la fretta che ci circonda influenza le nostre azioni, la nostra incapacità di produrre immagini grandangolari, ci costringe a soffermarci sul dettaglio.
Quando si corre veloci, il campo visivo si riduce notevolmente, ne sanno qualcosa i piloti di automobilismo.

Probabilmente le generazioni che ci hanno preceduto non pensavano di generare il boom economico, ricchezza e prosperita' nel nostro belpaese.
Si erano semplicemente rimboccati le maniche.

Sempre più sovente ci sono persone che rifiutano occupazioni, per via di una lesa dignità economica e sociale.
Vorrei sapere con che dignità rimangono a casa, attoniti, con quel pezzo di carta in mano.

Dobbiamo muoverci, correre, sfrecciare e salire su questa giostra, con la lungimiranza di chi sa che le cose muteranno.
Con l'ignoranza di chi spera che il meglio debba ancora venire.

Mary, mi avevi chiesto i buoni propositi per il nuovo anno.
Aggiungo, oltre allo smettere di fumare, l'intento di avere anche pazienza e continuare a scommettere che le cose possano andare ancora meglio.

Un seme.
In quieto.

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Ascoltando:
Cody ChesnuTT, The headphone masterpiece, 2002
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