martedì 28 giugno 2011

HERE COMES THE FLOOD

Secondo due indagini condotte nel  1999-2000 e nel 2004-2005, il venti percento della popolazione italiana non possiede gli strumenti di lettura, scrittura e calcolo minimi per potersi orientare all’interno della società contemporanea.
Addirittura cinque persone su cento tra i sedici e i sessantacinque anni, non riesce a distinguere lettere e numeri.
Questo è uno spaccato del nostro paese, con il quale ci dobbiamo confrontare quando utilizziamo il termine, sempre più spesso ripetuto, “gente”:
“La gente non capisce”;
“La gente deve assimilare”;
“La cultura media della gente”.
Specialmente nel periodo elettorale, a seconda di come si muovono i voti, la “gente” è, a seconda dei casi, elogiata, insultata o paragonata a burattini alla mercé della classe dirigente.
I leader e i candidati, a tutti i livelli, credono che un loro cenno possa spostare le croci sui simboli.
Le famose “indicazioni di voto”.
Certamente i mezzi di informazione e intrattenimento l’hanno fatta da padrona: durante gli ultimi vent’anni della storia del nostro paese, poche persone facoltose sono state in grado di spostare l’attenzione e alcune scelte della popolazione.
E’ solo recentemente, grazie alla frammentazione del palinsesto televisivo e la diffusione capillare di internet, che molte abitudini della popolazione italiana sono mutate.
Ciò che non è cambiato e non varierà in maniera repentina, sono i dati citati all’inizio.
Nessuno parla di questa piaga, ma l’alfabetizzazione di un paese è un indice importantissimo: sarebbe il primo passo verso la partecipazione reale alla democrazia.
La fase successiva, potrebbe essere quella di utilizzare concetti e termini semplici, per descrivere l’attività di un governo: riavvicinare la popolazione all’educazione civica.
Non dovrebbe essere necessario un laureato in economia per  capire una riforma economica oppure un progetto di privatizzazione della gestione dell’acqua.
Basterebbe semplificare il linguaggio sia di chi ci governa, che dei giornalisti.
La televisione, da mezzo formativo e di intrattenimento culturale, ha cominciato sempre più a guardare a quel venti percento di analfabeti, cercando di fare proseliti.
Nessuno può prendersi la libertà di criticare la “gente”, perché dovrebbe accorgersi che tra la “gente” c’è anche lui.
Io la figuro come un liquido in costante agitazione all’interno di un recipiente, un’onda di cui non è più possibile leggere la genesi, ma che è pronta a travolgere con la sua forza, qualsiasi cosa si frapponga tra lei e il suo obiettivo.
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Ascoltando:
Robert Fripp, Exposure, 1979

martedì 7 giugno 2011

DREAMS

La campagna elettorale si è appena conclusa, lasciandomi l’amaro in bocca.
Forse mi ero aspettato troppo, i risultati sono stati infatti deludenti anche se, forse, una netta esclusione può rivelarsi meno dolorosa di uno scontato e sofferto ballottaggio.
E’ stata un’esperienza decisamente emozionante, gli stimoli non sono mai mancati, una autentica iniezione di adrenalina che ha attraversato il mio corpo come una scossa, donandomi forze e incentivi.
Questo anche se gli impegni si concentravano la sera, spesso dopo una dura giornata di lavoro.

Non ho vissuto questa esperienza come un sogno.

Ho già più volte scritto di aver vissuto la mia vita in modo irrazionale per troppi anni, adesso invece i sogni sono stati estratti dai cassetti e portati nei cassonetti.
Raccolta differenziata.
Le tappe salienti della mia vita, sino a ora le avevo saggiate adoperandomi in una serie di salti di qualità, azzardati o meno, privi di un allenamento metodico.
Senza misurare le forze.

Credevo che i sogni fossero l’unica speranza per immaginare un orizzonte nella nostra vita, scevra da ostacoli, muri, preconcetti: l’unico fuoco per disegnare una prospettiva.

Il sogno l’ho relegato a un “horror vacui”, un limbo nel quale si vaga anestetizzati, esibendo un mezzo sorriso sulle labbra.
Un miraggio che ci fa sperare nella lotteria, nel gratta e vinci, nella fortuna, nell’eredità, nella botta di culo di essere al posto giusto al momento giusto.

Io sono sempre al posto giusto al momento giusto, questo perché l’ho scelto personalmente, non le mille possibilità stocastiche.

Non è il mondo ad essere difficile, competitivo oppure colmo di ricatti e vizi, si presenta così a noi solo perché abbiamo il terrore di barattare i nostri sogni per la nostra vita.

Io ho scelto di non illudermi più, però non sono riuscito ancora a misurare le mie forze.
Sarebbe l’unico tassello che potrebbe sopprimere qualsiasi ipotetica delusione.
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Ascoltando:
The Cranberries, Everybody Else Is Doing It, So Why Can't We?, 1993