sabato 31 dicembre 2011

STAY (FARAWAY, SO CLOSE!)

La storia dell’uomo è costellata di metodi e sistemi di semplificazione della natura, la quale è il più delle volte troppo complessa per poter essere ridotta a sistemi costituiti di poche variabili.
Il rilievo è una pratica che prevede la restituzione di forme articolate in solidi più o meno puri.
A seconda della dimensione dell’oggetto e dell’accuratezza a cui si vuole arrivare per la definizione dello stesso, vengono utilizzati scanner tridimensionali, tastatori, geodimetri, profilometri, ed altri sistemi di misurazione.
Tutte le metodologie prevedono però una operazione preliminare: il progetto di rilievo.
Il docente di rilievo dell’università ci aveva sottolineato questo aspetto durante una lezione, spesso è complicato ritornare in un luogo a prendere delle misure che ci servono, la mancanza anche solo di un dato può compromettere la possibilità di ridisegnare un edificio in maniera corretta.

Un buon progetto di rilievo ha ovviamente come fine l’ottimizzazione del tempo.

Se per le parti meno articolate possono bastare poche misure, dove invece ci sono molte insenature e variazioni, è necessario aggiungere molti punti, questo per poter arrivare a definirne la forma in maniera esaustiva.
Lo scultore Antonio Canova, era solito studiare le sue opere preliminarmente con degli schizzi, in cui rappresentava le figure prese da diverse angolazioni.
Successivamente egli passava a modellare la creta per ricavare un negativo in gesso e infine colare il positivo sempre in gesso: sarebbe stato il vero e proprio modello per la scultura definitiva.
Questi bozzetti, di diverse dimensioni, sono visibili nella splendida gipsoteca Canoviana a Possagno (TV).
La prima cosa che salta all’occhio osservando le opere contenute, è l’enorme quantità di puntini neri che costellano le statue in gesso.
I “repère” sono dei chiodini metallici che venivano infissi sulle parti più interessanti di un modello, per poter trasferirne le proporzioni sull’opera originale mediante un pantografo.
Nei volti e nei punti più ostici è possibile osservare una maggiore quantità di puntini, Canova sapeva che era necessario soffermarsi sui dettagli per ottenere una verosimiglianza del modello.
Gli esseri umani sono solidi immensamente complessi da capire, si possono utilizzare strumenti altamente sofisticati e ricostruire mediante interpolazione azioni e lati oscuri del carattere, ma quello che facciamo è sempre semplificare delle forme frattali, immensamente complesse, in prismi più o meno grandi.
Ipotizziamo una funzione che soddisfi l’andamento della forma al di fuori di punti certi.
Nell’approcciarmi alle forme di espressione, non sono mai riuscito a soffermarmi sui dettagli, sono sempre stato bravo a cogliere fisionomie e proporzioni, come se utilizzassi subito una rete a maglie larghe di punti per tutta la figura intera.
Lo stesso procedimento credo di averlo sempre utilizzato per cercare di delineare le personalità delle persone che ho incontrato nella mia vita, dimenticando qualsiasi abbozzo di progetto di rilievo.

A differenza dei solidi geometrici, la bontà della restituzione dell’immagine di un essere umano è frutto solo di due variabili: la quantità di punti e la loro posizione.

I dati mancanti, infatti, per sicurezza sarebbe meglio non ipotizzarli.
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Ascoltando:
U2, Achtung Baby, 1991


martedì 13 dicembre 2011

INDISCIPLINE

Uno dei pochi eventi di "Pordenonelegge" che quest'anno sono riuscito a seguire, è stata la presentazione del libro "Bitches Brew. Genesi del capolavoro di Miles Davis" di Enrico Merlin e Veniero Rizzardi.
Oltre alla splendida illustrazione del concepimento di questo capolavoro del jazz (il quale riuscì ad unire critica e vendite, secondo in questo solo a "Kind of Blue", dello stesso Davis) e il concerto che ne è seguito, mi ha particolarmente colpito un aneddoto riguardante questo mostro sacro della musica contemporanea.
Merlin ha raccontato di un concerto del trombettista, in cui un suo musicista si lanciò in un assolo.
Mentre questi stava suonando Miles gli si avvicinò all'orecchio e, con la sua caratteristica voce roca, gli esclamò: "You're fired!".
Il concerto più tardi finì e tutti andarono nei camerini; allora il musicista in questione si avvicinò allibito a Davis e, conoscendo il carattere eclettico del genio, gli domandò se parlava sul serio quando lo aveva licenziato.
Miles candidamente gli confessò che, nel pomeriggio, era passato davanti alla sua camera in albergo e aveva sentito che si stava esercitando.
Il musicista in effetti stava provando alcuni passaggi, intimorito dall’eventualità di sbagliare la sera, durante il concerto.
Le stesse note, con gli stessi accenti, li aveva poi ripetuti durante il concerto.
Davis, dopo avergli spiegato l'antefatto, gli urlò: "Ti pago per esibirti davanti alla gente, non per perfezionare qualche fottuto lick in camera tua" (il lick è un passaggio, una frase imparata a memoria come esercizio).
Lo stesso sistema che utilizzò quel musicista, lo osserviamo utilizzato da venditori, commercianti e talvolta anche da amici, incapaci di distinguere il lavoro dalla vita privata.
Con la nascita dei social network e della comunicazione attiva di massa, personalmente riesco a trovare sempre più raramente sprazzi di improvvisazione nelle comunicazioni.

Sembra che tutti si esercitino al laptop, analizzando quale frase sia più ad effetto.
Quella che riceve più "like".

Il giocattolino che funziona lo si ripropone poi durante una discussione, una chiacchierata, più e più volte, con sempre meno convinzione.
Mi capita di sentire amici che mi sfornano espressioni che hanno scritto durante il giorno, frasi però che hanno perso la loro energia.
La finzione di volta in volta trasuda da ogni sillaba, ogni lettera inizia a puzzare di stantio, questi pattern si svalutano, appiattiti da un loro uso massiccio.

Una sorta di prostituzione del verbo.

Credo che un concetto, un aforisma siano in questo caso assimilabili a un’opera d’arte.
Ugo Foscolo scrisse nell'Epistolario che "L’arte non consiste nel rappresentare cose nuove, ma nel rappresentare con novità."
Col passare del tempo sto diventando sempre più esigente nei contatti e, trovandomi di fronte ad affinate tecniche comunicative, mi trovo costretto talvolta anche io a licenziare.
Voglio chiarire che non sono così presuntuoso da considerarmi un leader e vedere le persone che frequento come turnisti alla mia corte.
Semplicemente ho sempre il sospetto che, se il mio interlocutore sta cercando di vendermi qualcosa, vuole dire che in realtà non ha nulla da offrirmi.
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Ascoltando:
King Crimson, Discipline, 1981